PIACENTINI: dal 1995 confronto intellettuale e civile
12/12/02 11:10 Archiviato in: RIVISTE
E' stato questo il motore che ha messo in moto la rivista Piacentini che, come un adolescente, ha cambiato spesso veste e pelle, ma non lo spirito. Fin dal numero zero uscito nel dicembre del 1995. L'idea aveva preso piede da due persone che di divertivano fantasticando sulla città e di giornali: Giuseppe De Petro e Antonella Lenti.
Una chiacchiera sull'informazione e sui mezzi piacentini tira l'altra e alla fine la convergenza di vedute sulla necessità si sarebbe "potuto e dovuto" fare qualcosa. Prima una bozza timida, poi un tratteggio più preciso e, infine, il nome che, in questo caso, è stato anche il programma del progetto: Piacentini. Per raccontare sì, ma soprattutto far parlare i protagonisti di quel mondo locale troppo sottotraccia per non dire snobbato dalla stampa con la maiuscola. Stampa spingeva sull'acceleratore del monopolio più per tacere che per dire, più per celerare che per svelare. Il respiro ampio, inveve, era la linfa che si doveva far circolare nel progetto Piacentini.
L'idea piacque a tante persone che aderirono a un comitato scientifico costituito perché fosse lo scaffale a cui attingere nella stesura della rivista. Un periodico che avrebbe dovuto essere, naturalmente, a colori per spiccare sul grigio a cui ci si era troppo a lungo assuefatti pur sentendo crescere la ribellione. Il numero zero fu disegnato da un giovane, Davide Galli, che colse l'esprit del progetto e vi aggiunse il suo estro creativo. Defatigante la fattura. Fu chiuso alle 20 e 30 o giù di lì di una vigilia di Natale in uno studio abitazione di via San Rocchino. Bene. Un'avventura. Quando si scoprì che mancavano alcune foto recuperate di lì a poco in un'altra parte della città, in via Poggi. Mai traversata fu più faticosa. Con il corso che si presentava come un muro da scalare straripante di gente impazzita per lo shopping natalizio.
Il numero chiuse in tempo perché ciascuno potesse festeggiare la festa. Esaltante.
Il risultato diede subito segnali per necessari aggiustamenti. Però arrivarono molto tempo dopo. Forse a un anno di distanza. E un anno dopo un altro numero, un altro Natale.
Col 1999 si può datare il decollo del progetto del trimestrale. Sembrava prendere forma di giorno in giorno. Le idee fluivano sciolte. Il programma degli argomenti s'infittì tanto da chiedersi, ma quanti anni ci serviranno per trattarli tutti? Arte, storia, politica, economia, rubriche di escursionismo, cinema, teatro, musica. Quattro numeri con una fisionomia che già aveva, in nuce, quello che sarebbe diventato poi.
Direttore dei trimestrali il professor Vittorio Anelli che poi passò il testimone a Stefano Quagliaroli una volta entrato nella giunta provinciale come assessore alla cultura. Una tappa era stata conquistata. L'estate portò una pausa. Fu più lunga del previsto. Una pausa di riflessione annunciava un salto: occorreva osare di più. E il trimestrale diventò mensile.
Completamente riveduta la veste grafica studiata da Mauro Ferrari replicata, con gli stessi colori e loghi, anche sul sito internet. Nuovo anche il direttore, Antonella Lenti, che avrà la responsabilità del giornale fino al 28 febbraio del 2001. La cadenza mensile impegnò a fondo la redazione che intanto era cresciuta di collaboratori e seminato una buona impressione nella città. Dietro l'angolo un altro stop che ha portato a una specie di rifondazione della rivista che si è trasformata, rispetto alla prima forma, in un prodotto più agile e grintoso. Meno presuntuoso, per certi aspetti. Giuseppe De Petro, il direttore che ha guidato questa fase delicata della rivista e che la dirige tutt'ora.
La meta faticosamente può dirsi ora raggiunta. Il punto di svolta, la vera metamorfosi è arrivata quando è nato il sito www.piacentini.net. Una doppia crescita che ha significato l'approdo a una nuova piazza, quella virtuale, che ha insieme fatto conoscere la rivista e impresso nuovo vigore alle sue pagine. Un mezzo nuovo dà sempre vigore e nuova forza. Così è stato. Dalla carta stampata alla rete si è accesa un'eco che ancora oggi pulsa.
Negli anni Piacentini ha seguito tutte le tappe della crescita e ha aiutato i redattori a diventare grandi. Grandi ma non appagati. Ancora convinti che sia ancora più che mai indispensabile scavare, approfondire e ancora scavare nel cuore del confronto intellettuale e civile della società piacentina. Convinti che solo così si garantisca la crescita.
Alla domanda che all'origine di questa avventura ci si era posti e che aveva dato origine all'esperienza, serve una rivista che funga da agora? Non un tadzebao su cui appuntare proclami o parole d'ordine, ma una vera e propria piazza al centro della quale volevamo incontrare persone, fatti, storie e idee. Sì soprattutto idee. Rare di questi tempi. I lavori per concludere e consegnare l'agora all'uso del cittadini non sono ancora conclusi. Gli anni trascorsi e le forme che di volta in volta la rivista ha assunto, sono tappe di un processo che continua.
Perché lo spirito di Piacentini era e resta a nostro avviso la ricerca. Quale altro compito ci può spettare se non quello della ricerca e della conoscenza che si raggiunge attraverso il confronto intellettuale e civile?
Quel motore, acceso a metà degli anni Novanta, resta in funzione. Talvolta ha marciato al minimo. Talvolta ha ripreso mordente e la marcia negli ultimi tempi si è fatta costante e vivace. Il motore va.
Nell’immagine la copertina di Piacentini numero zero.
Una chiacchiera sull'informazione e sui mezzi piacentini tira l'altra e alla fine la convergenza di vedute sulla necessità si sarebbe "potuto e dovuto" fare qualcosa. Prima una bozza timida, poi un tratteggio più preciso e, infine, il nome che, in questo caso, è stato anche il programma del progetto: Piacentini. Per raccontare sì, ma soprattutto far parlare i protagonisti di quel mondo locale troppo sottotraccia per non dire snobbato dalla stampa con la maiuscola. Stampa spingeva sull'acceleratore del monopolio più per tacere che per dire, più per celerare che per svelare. Il respiro ampio, inveve, era la linfa che si doveva far circolare nel progetto Piacentini.
L'idea piacque a tante persone che aderirono a un comitato scientifico costituito perché fosse lo scaffale a cui attingere nella stesura della rivista. Un periodico che avrebbe dovuto essere, naturalmente, a colori per spiccare sul grigio a cui ci si era troppo a lungo assuefatti pur sentendo crescere la ribellione. Il numero zero fu disegnato da un giovane, Davide Galli, che colse l'esprit del progetto e vi aggiunse il suo estro creativo. Defatigante la fattura. Fu chiuso alle 20 e 30 o giù di lì di una vigilia di Natale in uno studio abitazione di via San Rocchino. Bene. Un'avventura. Quando si scoprì che mancavano alcune foto recuperate di lì a poco in un'altra parte della città, in via Poggi. Mai traversata fu più faticosa. Con il corso che si presentava come un muro da scalare straripante di gente impazzita per lo shopping natalizio.
Il numero chiuse in tempo perché ciascuno potesse festeggiare la festa. Esaltante.
Il risultato diede subito segnali per necessari aggiustamenti. Però arrivarono molto tempo dopo. Forse a un anno di distanza. E un anno dopo un altro numero, un altro Natale.
Col 1999 si può datare il decollo del progetto del trimestrale. Sembrava prendere forma di giorno in giorno. Le idee fluivano sciolte. Il programma degli argomenti s'infittì tanto da chiedersi, ma quanti anni ci serviranno per trattarli tutti? Arte, storia, politica, economia, rubriche di escursionismo, cinema, teatro, musica. Quattro numeri con una fisionomia che già aveva, in nuce, quello che sarebbe diventato poi.
Direttore dei trimestrali il professor Vittorio Anelli che poi passò il testimone a Stefano Quagliaroli una volta entrato nella giunta provinciale come assessore alla cultura. Una tappa era stata conquistata. L'estate portò una pausa. Fu più lunga del previsto. Una pausa di riflessione annunciava un salto: occorreva osare di più. E il trimestrale diventò mensile.
Completamente riveduta la veste grafica studiata da Mauro Ferrari replicata, con gli stessi colori e loghi, anche sul sito internet. Nuovo anche il direttore, Antonella Lenti, che avrà la responsabilità del giornale fino al 28 febbraio del 2001. La cadenza mensile impegnò a fondo la redazione che intanto era cresciuta di collaboratori e seminato una buona impressione nella città. Dietro l'angolo un altro stop che ha portato a una specie di rifondazione della rivista che si è trasformata, rispetto alla prima forma, in un prodotto più agile e grintoso. Meno presuntuoso, per certi aspetti. Giuseppe De Petro, il direttore che ha guidato questa fase delicata della rivista e che la dirige tutt'ora.
La meta faticosamente può dirsi ora raggiunta. Il punto di svolta, la vera metamorfosi è arrivata quando è nato il sito www.piacentini.net. Una doppia crescita che ha significato l'approdo a una nuova piazza, quella virtuale, che ha insieme fatto conoscere la rivista e impresso nuovo vigore alle sue pagine. Un mezzo nuovo dà sempre vigore e nuova forza. Così è stato. Dalla carta stampata alla rete si è accesa un'eco che ancora oggi pulsa.
Negli anni Piacentini ha seguito tutte le tappe della crescita e ha aiutato i redattori a diventare grandi. Grandi ma non appagati. Ancora convinti che sia ancora più che mai indispensabile scavare, approfondire e ancora scavare nel cuore del confronto intellettuale e civile della società piacentina. Convinti che solo così si garantisca la crescita.
Alla domanda che all'origine di questa avventura ci si era posti e che aveva dato origine all'esperienza, serve una rivista che funga da agora? Non un tadzebao su cui appuntare proclami o parole d'ordine, ma una vera e propria piazza al centro della quale volevamo incontrare persone, fatti, storie e idee. Sì soprattutto idee. Rare di questi tempi. I lavori per concludere e consegnare l'agora all'uso del cittadini non sono ancora conclusi. Gli anni trascorsi e le forme che di volta in volta la rivista ha assunto, sono tappe di un processo che continua.
Perché lo spirito di Piacentini era e resta a nostro avviso la ricerca. Quale altro compito ci può spettare se non quello della ricerca e della conoscenza che si raggiunge attraverso il confronto intellettuale e civile?
Quel motore, acceso a metà degli anni Novanta, resta in funzione. Talvolta ha marciato al minimo. Talvolta ha ripreso mordente e la marcia negli ultimi tempi si è fatta costante e vivace. Il motore va.
Nell’immagine la copertina di Piacentini numero zero.