LIBERTÀ: le occasioni sprecate (intervento)
12/09/05 15:55 Archiviato in: QUOTIDIANI
Ho letto con attenzione e curiosità l'intervento in prima pagina di Paolo Rizzi "Idee e progetti per il ritorno alla montagna piacentina".
Con particolare coinvolgimento dato che da gennaio di quest'anno ho fatto una scelta radicale di vita decidendo di trasferire la mia attività e la mia famiglia sull'Appennino... parmense però. Precisamente a Bardi; esperienza emblematica di cui a Piacenza, ho notato, si è parlato e se ne parla poco. Anche nel centrato intervento di Rizzi si fa riferimento ad altre esperienze ma non alla vicinissima Bardi. Sarà forse troppo vicina (confina con tre comuni piacentini) per non costringere a tirare già un bilancio, se non proprio negativo, che constati almeno un notevole ritardo rispetto ai nostri intraprendenti "cugini"?
Ovviamente la mia punzecchiatura non è rivolta a Rizzi, che ha centrato in più punti il cuore del problema.
E' però vero che quando ho scelto l'utopia bardigiana potevo già constatare un progetto sul lungo periodo e una mentalità vincenti. Mirati studi demografici realizzati in collaborazione con l'Università di Parma per evidenziare il trend e relativi convegni aperti alla cittadinanza messa in modo chiaro e violento di fronte all'ipotesi: "O facciamo in modo di attrarre velocemente giovani immigrati con le possibilità delle nuove tecnologie o scompariremo definitivamente nel giro di 30 anni!".
Cittadini di un territorio, abituati a far fronte comune per affrontare in modo inevitabile le dure condizioni delle vita in alta montagna, che hanno partecipato attivamente a tali convegni.
E' per questo che alle mie prime visite di perlustrazione ho trovato un intero territorio compatto e coinvolto nel progetto. Dai più giovani agli anziani, qualsiasi associazione e istituzione, persino di "colori" contrapposti.
E ho trovato un robusto centro servizi informatici esistente, realizzato con il restauro dello storico palazzo Maria Luigia, con annessa "incubatrice" per ospitare per i primi tre anni gratuitamente l'attività delle neonate aziende operanti nelle nuove tecnologie e una frenetica corsa contro il tempo per coprire sempre più ampie fette di territorio con la famosa banda larga, distribuita però gratuitamente in wireless alla cittadinanza e alle aziende. E' infatti sbagliato dal mio punto di vista chiamare "autostrade informatiche" quelle che dovrebbero essere "strade" per tutti per poter facilitare le vie di comunicazione virtuali, dove l'istituzione le realizza al pari di vie asfaltate e marciapiedi (basta in fondo il costo di duecento metri di catrame per realizzare le infrastrutture tecnologiche e coprirne i relativi costi di mantenimento per un anno intero!). La storia ci ha insegnato che le strade portano rapidamente sviluppo e ora che di viadotti e piloni non se può veramente più, dove invece è possibile e doveroso uno sviluppo eco-compatibile, l'unica possibilità è portare gli invisibili snodi telematici in luoghi dove, citando Rizzi, "E' più sicura e bella la vita lontano dagli incidenti e dallo smog".
Va sottolineato, per far comprendere il salto di mentalità quasi inspiegabile per un piacentino, che per poter realizzare il Palazzo, dato che per essere presentato all'Unione Europea era necessario un progetto finito e che nella documentazione andava presentata anche la fattura del progettista, il sindaco di allora di Bardi, tal Berni, si prese l'impegno di coprire a titolo personale tale costo (si parla di un paio di centinaia di migliaia di euro...) nell'eventualità che il finanziamento comunitario non fosse stato approvato!!
Dietro all'arrivo delle aziende che hanno scelto di trasferire a Bardi la propria attività, aderendo a un vero e proprio modello di vita e lavoro, c'è l'attività instancabile di Andrea Pontremoli, Presidente e Amministratore Delegato di IBM Italia e di IBM Global Services South Region. Un bardigiano DOC e trascinatore entusiasta del progetto. Che ha convinto diverse grandi aziende a fare ricerca e sviluppo sull'Appennino, e altre aziende a trasferirsi; come quella per cui sto lavorando ora e che sulla spinta del clima ha preso in prestito il nome da una canzone di Ligabue: "Regalami il tuo sogno srl"...
Sono 6 le aziende arrivate tra la fine del 2004 e i primi mesi del 2005. Una ha assorbito la richiesta di occupazione dei giovani del posto assumendo in un sol colpo 25 giovani, mentre le altre sono salite dalla pianure portando immigrati. Anche dalle altre provincie, come è il caso della nostra che ha portato 7 piacentini, un parmense e un trevigiano con relative famiglie. E nel mio caso ho portato, oltre a mia moglie che lavora con noi da casa, anche due bambini di 2 e 4 anni, che in montagna valgono per una comunità ben più dell'oro e che hanno trovato una tale qualità della vita e soprattutto una purezza e spontaneità nei rapporti umani che difficilmente ora potranno più rinunciarvi.
Potrei citare anche il premio BardiWeb, manifestazione che si tiene ogni anno da 6 anni e dove vengono assegnati i premi più prestigiosi per chi in Italia opera nella realizzazione dei più disparati siti internet. Lo staff di questa manifestazione è costituito in modo trasversale da professionisti di tutte le aziende di Bardi e guidato dallo stesso Pontremoli e che da qualsiasi parte del mondo si trovi rimane sempre in contatto con il gruppo e che in modo rocambolesco non manca praticamente mai alle riunioni del sabato pomeriggio.
Ma il progetto nel suo insieme si fonda soprattutto sulla parte più delicata: le scuole. Sempre gli studi di andamento demografico dimostrarono che proprio con la scelta delle Scuole Superiori arrivava insesorabile la necessità per interi nuclei familiari di trasferirsi in pianura. Ma quest'anno sono usciti i primi diplomati del Progetto Scuola di Bardi. Sono già passati quindi 5 anni di lezioni in parte tradizionali e in parte seguite in videoconferenza con gli Istituti Superiori di Parma.
Conosco bene Piacenza, il suo territorio e le sue genti. E non posso certo essere classificato nella categoria dei "piagnoni" che sempre e comunque si sono lamentati con i classici "Non c'è nulla, non si può far niente". Penso di essermi speso in più di un'occasione per inventare, proporre e trascinare in varie iniziative. Eppure ho dovuto riscontrare sulla mia pelle cosa significasse il motto piacentino "Qui si semina 100 per raccogliere 10... se va bene" e di quanto ci fosse più impegno nel distruggere il lavoro altrui che nel proporre in stimolante competitività qualcosa di proprio e sempre migliore. Spesso solo un'irrefrenabile corsa verso il basso, verso solo reciproci annullamenti, con buona pace di tutti quelli che soffrono alla solo idea del minimo cambiamento. Orti e orticelli, divisioni e sospetti. E tanti inutili orgogli localistici.
Conclude Rizzi ironicamente "O forse mi sbaglio ed è solo un'illusione", parlando di come si potrebbe rilanciare l'Appennino. E a me vengono in mente i denari pubblici che ho visto sprecare propri sui progetti telematici. Di come non sono state valorizzate le piccole e dinamiche imprese esistenti o nascenti e a cui è stata addirittura contrapposta Sintra, una società a maggioranza pubblica, danneggiando in modo inevitabile il mercato, e che assorbendo gran parte dei finanziamenti per la sua stessa sopravvivenza finisce per impiegare le risorse che altrove sono invece diventate reale eccellenza. Penso a come vedevo spendere i finanziamenti per il famoso "Marketing territoriale" con campagne di comunicazione che finivano per raggiungere i soli piacentini, lasciando il solito messaggio "Il miglior posto dove vivere", ma senza creare virtuosismo alcuno o i famosi necessari investimenti dalle altre provincie.
In questo senso vorrei citare un esempio clamoroso, che può far capire perché le pessimistiche previsioni sull'Appennino potrebbero risultare realistiche. Ne avrei tante di cose da raccontare, ma è meglio non andare apparentemente fuori tema e rimanere nel solco "Appennino e le nuove tecnologie".
Alla fine del 2003 ho presentato a vari interlocutori istituzionali un progetto decisamente appetitoso. Essendo coinvolto in prima persona nello staff avevo la possibilità di portare a Piacenza nella primavera 2004 la quarta edizione di una manifestazione già collaudata dal titolo "DIGITAL CULTURE, l'evento per i creativi digitali". Una tre giorni di campus, seminari, workshop per chi si occupa di arte, musica, grafica, cinema, fotografia, grafica e web, ovviamente in chiave strettamente digitale. Si stava pensando di trasferire la manifestazione, che negli anni precedenti aveva avuto un afflusso di 6/7000 professionisti e non a Piacenza, addirittura proponendo un'attività di formazione continua lungo tutto l'anno, proponendo anche ad agriturismi e località della Provincia di ospitare una miriade di mirate iniziative di formazione. I promotori erano Apple, Microsoft, Epson, Adobe, Macromedia, HP, Canon solo per citare alcune delle più note multinazionali. Incontrai fra gli altri il sindaco Reggi, l'assessore comunale Elefanti, l'assessore provinciale Anelli, e accompagnai a più riprese gli organizzatori, fra i quali un dirigente di spicco di Apple Italia a visitare Palazzo Farnese, Sant'Agostino, la Ricci Oddi, l'Ente Fiera, l'ex Centrale Enel, ipotizzando una manifestazione non solo strettamente fieristica. Nessuna richiesta di finanziamento diretto ma solo supporto in termini logistici e organizzativi, chiedendo agli enti partecipazione e supporto in termini di spazi e servizi. Il gruppo di aziende avrebbe invece investito circa 200.000 euro nel primo anno (i famosi investimenti dalla altre provincie e addirittura nazioni?).
Inutile raccontare che tutto finì nel nulla e lottai senza capire per mesi contro un muro di gomma. Tanti "bello, interessante, si potrebbe" ma nessun impegno concreto. Dovetti anche assistere a un funzionario che telefonava a uno dei rappresentanti politici citati per avvertirlo che una riunione sul progetto non avrebbe potuto tenersi a causa di un disguido, e dover ascoltare involontariamente in viva voce il ringraziamento per il "disturbo levato", con la promessa di un "se passi ti offro da bere per ringraziarti".
Forse, secondo la logica spiegata prima, non ero la persona giusta per proporlo. Forse avevo già preso troppo spazio e dimostrato troppa incauta intraprendenza, e senza veri padri promotori alle spalle. Come spiegato sopra si sono probabilmente messi in moto per prima cosa gli anticorpi preoccupati più del vantaggio in visibilità che ne avrei tratto, rispetto all'innegabile vantaggio che ne avrebbe avuto la comunità. Ma è solo una mia ipotesi.
L'evento si tenne comunque e con enorme successo nella solita Milano e proseguirà anche nei prossimi anni.
Chissà che non mi venga l'ovvia tentazione di convincere gli organizzatori di portare la manifestazione proprio a Bardi, in un tecnologico appennino a pochi chilometri dalla provincia di Piacenza. Nell'ex principato Landi dove ancora tanta tradizione e storia piacentine sono ancora presenti ma dove surrealmente a volte mi sembra di essere a centinaia di chilometri di distanza.
Davide Galli
ex agitatore culturale piacentino
Condividi su Facebook
Con particolare coinvolgimento dato che da gennaio di quest'anno ho fatto una scelta radicale di vita decidendo di trasferire la mia attività e la mia famiglia sull'Appennino... parmense però. Precisamente a Bardi; esperienza emblematica di cui a Piacenza, ho notato, si è parlato e se ne parla poco. Anche nel centrato intervento di Rizzi si fa riferimento ad altre esperienze ma non alla vicinissima Bardi. Sarà forse troppo vicina (confina con tre comuni piacentini) per non costringere a tirare già un bilancio, se non proprio negativo, che constati almeno un notevole ritardo rispetto ai nostri intraprendenti "cugini"?
Ovviamente la mia punzecchiatura non è rivolta a Rizzi, che ha centrato in più punti il cuore del problema.
E' però vero che quando ho scelto l'utopia bardigiana potevo già constatare un progetto sul lungo periodo e una mentalità vincenti. Mirati studi demografici realizzati in collaborazione con l'Università di Parma per evidenziare il trend e relativi convegni aperti alla cittadinanza messa in modo chiaro e violento di fronte all'ipotesi: "O facciamo in modo di attrarre velocemente giovani immigrati con le possibilità delle nuove tecnologie o scompariremo definitivamente nel giro di 30 anni!".
Cittadini di un territorio, abituati a far fronte comune per affrontare in modo inevitabile le dure condizioni delle vita in alta montagna, che hanno partecipato attivamente a tali convegni.
E' per questo che alle mie prime visite di perlustrazione ho trovato un intero territorio compatto e coinvolto nel progetto. Dai più giovani agli anziani, qualsiasi associazione e istituzione, persino di "colori" contrapposti.
E ho trovato un robusto centro servizi informatici esistente, realizzato con il restauro dello storico palazzo Maria Luigia, con annessa "incubatrice" per ospitare per i primi tre anni gratuitamente l'attività delle neonate aziende operanti nelle nuove tecnologie e una frenetica corsa contro il tempo per coprire sempre più ampie fette di territorio con la famosa banda larga, distribuita però gratuitamente in wireless alla cittadinanza e alle aziende. E' infatti sbagliato dal mio punto di vista chiamare "autostrade informatiche" quelle che dovrebbero essere "strade" per tutti per poter facilitare le vie di comunicazione virtuali, dove l'istituzione le realizza al pari di vie asfaltate e marciapiedi (basta in fondo il costo di duecento metri di catrame per realizzare le infrastrutture tecnologiche e coprirne i relativi costi di mantenimento per un anno intero!). La storia ci ha insegnato che le strade portano rapidamente sviluppo e ora che di viadotti e piloni non se può veramente più, dove invece è possibile e doveroso uno sviluppo eco-compatibile, l'unica possibilità è portare gli invisibili snodi telematici in luoghi dove, citando Rizzi, "E' più sicura e bella la vita lontano dagli incidenti e dallo smog".
Va sottolineato, per far comprendere il salto di mentalità quasi inspiegabile per un piacentino, che per poter realizzare il Palazzo, dato che per essere presentato all'Unione Europea era necessario un progetto finito e che nella documentazione andava presentata anche la fattura del progettista, il sindaco di allora di Bardi, tal Berni, si prese l'impegno di coprire a titolo personale tale costo (si parla di un paio di centinaia di migliaia di euro...) nell'eventualità che il finanziamento comunitario non fosse stato approvato!!
Dietro all'arrivo delle aziende che hanno scelto di trasferire a Bardi la propria attività, aderendo a un vero e proprio modello di vita e lavoro, c'è l'attività instancabile di Andrea Pontremoli, Presidente e Amministratore Delegato di IBM Italia e di IBM Global Services South Region. Un bardigiano DOC e trascinatore entusiasta del progetto. Che ha convinto diverse grandi aziende a fare ricerca e sviluppo sull'Appennino, e altre aziende a trasferirsi; come quella per cui sto lavorando ora e che sulla spinta del clima ha preso in prestito il nome da una canzone di Ligabue: "Regalami il tuo sogno srl"...
Sono 6 le aziende arrivate tra la fine del 2004 e i primi mesi del 2005. Una ha assorbito la richiesta di occupazione dei giovani del posto assumendo in un sol colpo 25 giovani, mentre le altre sono salite dalla pianure portando immigrati. Anche dalle altre provincie, come è il caso della nostra che ha portato 7 piacentini, un parmense e un trevigiano con relative famiglie. E nel mio caso ho portato, oltre a mia moglie che lavora con noi da casa, anche due bambini di 2 e 4 anni, che in montagna valgono per una comunità ben più dell'oro e che hanno trovato una tale qualità della vita e soprattutto una purezza e spontaneità nei rapporti umani che difficilmente ora potranno più rinunciarvi.
Potrei citare anche il premio BardiWeb, manifestazione che si tiene ogni anno da 6 anni e dove vengono assegnati i premi più prestigiosi per chi in Italia opera nella realizzazione dei più disparati siti internet. Lo staff di questa manifestazione è costituito in modo trasversale da professionisti di tutte le aziende di Bardi e guidato dallo stesso Pontremoli e che da qualsiasi parte del mondo si trovi rimane sempre in contatto con il gruppo e che in modo rocambolesco non manca praticamente mai alle riunioni del sabato pomeriggio.
Ma il progetto nel suo insieme si fonda soprattutto sulla parte più delicata: le scuole. Sempre gli studi di andamento demografico dimostrarono che proprio con la scelta delle Scuole Superiori arrivava insesorabile la necessità per interi nuclei familiari di trasferirsi in pianura. Ma quest'anno sono usciti i primi diplomati del Progetto Scuola di Bardi. Sono già passati quindi 5 anni di lezioni in parte tradizionali e in parte seguite in videoconferenza con gli Istituti Superiori di Parma.
Conosco bene Piacenza, il suo territorio e le sue genti. E non posso certo essere classificato nella categoria dei "piagnoni" che sempre e comunque si sono lamentati con i classici "Non c'è nulla, non si può far niente". Penso di essermi speso in più di un'occasione per inventare, proporre e trascinare in varie iniziative. Eppure ho dovuto riscontrare sulla mia pelle cosa significasse il motto piacentino "Qui si semina 100 per raccogliere 10... se va bene" e di quanto ci fosse più impegno nel distruggere il lavoro altrui che nel proporre in stimolante competitività qualcosa di proprio e sempre migliore. Spesso solo un'irrefrenabile corsa verso il basso, verso solo reciproci annullamenti, con buona pace di tutti quelli che soffrono alla solo idea del minimo cambiamento. Orti e orticelli, divisioni e sospetti. E tanti inutili orgogli localistici.
Conclude Rizzi ironicamente "O forse mi sbaglio ed è solo un'illusione", parlando di come si potrebbe rilanciare l'Appennino. E a me vengono in mente i denari pubblici che ho visto sprecare propri sui progetti telematici. Di come non sono state valorizzate le piccole e dinamiche imprese esistenti o nascenti e a cui è stata addirittura contrapposta Sintra, una società a maggioranza pubblica, danneggiando in modo inevitabile il mercato, e che assorbendo gran parte dei finanziamenti per la sua stessa sopravvivenza finisce per impiegare le risorse che altrove sono invece diventate reale eccellenza. Penso a come vedevo spendere i finanziamenti per il famoso "Marketing territoriale" con campagne di comunicazione che finivano per raggiungere i soli piacentini, lasciando il solito messaggio "Il miglior posto dove vivere", ma senza creare virtuosismo alcuno o i famosi necessari investimenti dalle altre provincie.
In questo senso vorrei citare un esempio clamoroso, che può far capire perché le pessimistiche previsioni sull'Appennino potrebbero risultare realistiche. Ne avrei tante di cose da raccontare, ma è meglio non andare apparentemente fuori tema e rimanere nel solco "Appennino e le nuove tecnologie".
Alla fine del 2003 ho presentato a vari interlocutori istituzionali un progetto decisamente appetitoso. Essendo coinvolto in prima persona nello staff avevo la possibilità di portare a Piacenza nella primavera 2004 la quarta edizione di una manifestazione già collaudata dal titolo "DIGITAL CULTURE, l'evento per i creativi digitali". Una tre giorni di campus, seminari, workshop per chi si occupa di arte, musica, grafica, cinema, fotografia, grafica e web, ovviamente in chiave strettamente digitale. Si stava pensando di trasferire la manifestazione, che negli anni precedenti aveva avuto un afflusso di 6/7000 professionisti e non a Piacenza, addirittura proponendo un'attività di formazione continua lungo tutto l'anno, proponendo anche ad agriturismi e località della Provincia di ospitare una miriade di mirate iniziative di formazione. I promotori erano Apple, Microsoft, Epson, Adobe, Macromedia, HP, Canon solo per citare alcune delle più note multinazionali. Incontrai fra gli altri il sindaco Reggi, l'assessore comunale Elefanti, l'assessore provinciale Anelli, e accompagnai a più riprese gli organizzatori, fra i quali un dirigente di spicco di Apple Italia a visitare Palazzo Farnese, Sant'Agostino, la Ricci Oddi, l'Ente Fiera, l'ex Centrale Enel, ipotizzando una manifestazione non solo strettamente fieristica. Nessuna richiesta di finanziamento diretto ma solo supporto in termini logistici e organizzativi, chiedendo agli enti partecipazione e supporto in termini di spazi e servizi. Il gruppo di aziende avrebbe invece investito circa 200.000 euro nel primo anno (i famosi investimenti dalla altre provincie e addirittura nazioni?).
Inutile raccontare che tutto finì nel nulla e lottai senza capire per mesi contro un muro di gomma. Tanti "bello, interessante, si potrebbe" ma nessun impegno concreto. Dovetti anche assistere a un funzionario che telefonava a uno dei rappresentanti politici citati per avvertirlo che una riunione sul progetto non avrebbe potuto tenersi a causa di un disguido, e dover ascoltare involontariamente in viva voce il ringraziamento per il "disturbo levato", con la promessa di un "se passi ti offro da bere per ringraziarti".
Forse, secondo la logica spiegata prima, non ero la persona giusta per proporlo. Forse avevo già preso troppo spazio e dimostrato troppa incauta intraprendenza, e senza veri padri promotori alle spalle. Come spiegato sopra si sono probabilmente messi in moto per prima cosa gli anticorpi preoccupati più del vantaggio in visibilità che ne avrei tratto, rispetto all'innegabile vantaggio che ne avrebbe avuto la comunità. Ma è solo una mia ipotesi.
L'evento si tenne comunque e con enorme successo nella solita Milano e proseguirà anche nei prossimi anni.
Chissà che non mi venga l'ovvia tentazione di convincere gli organizzatori di portare la manifestazione proprio a Bardi, in un tecnologico appennino a pochi chilometri dalla provincia di Piacenza. Nell'ex principato Landi dove ancora tanta tradizione e storia piacentine sono ancora presenti ma dove surrealmente a volte mi sembra di essere a centinaia di chilometri di distanza.
Davide Galli
ex agitatore culturale piacentino
Condividi su Facebook