Davide Galli

vita 2.0:
abitare e lavorare nell'appennino

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WIRED: Sulla rocca medievale romba la banda larga. E torna anche la cicogna

Introduzione.
STORIE DI BANDA LARGA

Sveglia Italia! Prendiamoci la Rete.

Wi-fi, basta la parola per accendere l’entusiasmo e avviare la terza puntata della nostra campagna.
Durante le feste di Natale i nostri Green Geek (alias la Banda dell'Ortica raccontata il mese scorso) montano tre antennine in piazza Cadorna. Tempo: qualche ora. Costo: un euro e spicci al giorno.
Godimento: notevole. E così all'inizio del 2011, per festeggiare la fine del decreto Pisanu, le accendiamo le nostre antennine, e quella diventa la prima piazza "liberata" dalla Rete. Ne parla persino - udite udite! - il TG1 delle 20: come avete fatto?, ci chiedono, è stato difficile? Zero. Intanto la proposta di far diventare l'accesso a Internet un diritto costituzionale fa dei passettini avanti: la sottoscrivono un'altra dozzina di parlamentari. La storia continua. E anche le nostre storie. Sveglia Italia!, prendersi la Rete dipende solo da noi e bisogna far presto perché le statistiche sulla diffusione di banda larga e Internet sono un pianto.
Per fortuna ci sono posti come Bardi...




Articolo.
di Mario Portanova - foto di Giovanni Troilo

PER ENTRARE IN UFFICIO BISOGNA aspettare che si sposti una grossa gallina. Un labrador e un pastore tedesco si stiracchiano davanti ai server.
Un paio di Mac da 27 pollici, ultimo modello, sono in standby al tepore di una stufa a legna. La sala riunioni è una cucina con il tavolo in formica. Siamo a Bardi, a 800 metri d'altitudine, in mezzo all'Appennino parmense a tre quarti d'ora di tornanti dall'autostrada più vicina. Qui c'è il cuore del settore comunicazione di una delle più grandi aziende italiane, la Coop, ma questo è solo l'inizio della storia.
Da una vecchia canonica sul limitare del bosco, l’
Archivistcoop (Archivio Istituzionale Comunicazione di Coop Italia) sovraintende a 1500 punti vendita e a decine di agenzie pubblicitarie che producono cartelloni, volantini, cataloghi, espositori.
L'autostrada che fa circolare questa mole d'informazioni non è la Parma-La Spezia al di là di 40 chilometri di colline, ma Internet. Non ci sarebbe niente di nuovo se non fossimo in una delle molte aree rurali isolate del nostro paese, apparentemente condannate dal digital divide: troppo lontane dalle dorsali della fibra ottica e troppo poco abitate per interessare le aziende TLC.

Bardi, 2459 abitanti sparsi in 189 chilometri quadrati, dieci anni fa era un paese destinato a morire lentamente, spacciato dal declino demografico: otto morti per ogni neonato. Nel 1980 i residenti erano quasi quattromila, vent'anni dopo meno di tremila. L'università di Parma aveva stimato che entro il 2010 non ci sarebbe rimasto più nessuno. La spirale dello spopolamento accelerava il declino: meno scuole, meno trasporti, meno negozi, meno servizi, più motivi per andarsene. Bardi è un paese delizioso, dominato dalla rocca del nono secolo ove ebbe origine la famiglia Grimaldi, che oggi regna sul Principato di Monaco. Ma poi per il lavoro come fai?
Oggi, invece, rinascono i bambini, altri ne arrivano da fuori, fioriscono nuove aziende e la spirale dello spopolamento rallenta il suo giro. Che cosa è cambiato? A dispetto delle barriere, geografiche ed economiche, a Bardi Internet ci è arrivata, ed è a disposizione di tutti, a partire da 19 euro al mese più Iva, con 150 euro di installazione per l Mbps. Per 2 Mbps, la tariffa sale a 26 euro al mese, e per il collegamento top a 3 Mbps se ne spendono 42. Così, un bacino di 20mila abitanti si è innervato al Web. Sono 600 le famiglie e le aziende connesse, 450 in Val Taro e 150 in Val Ceno. il segnale, rilanciato da un ripetitore della Regione Emilia-Romagna, attraversa le montagne su un ponte radio (con il sistema detto hiperlan) e converge in un edificio del 1300. Strappato all'abbandono con 2 milioni e 200mila euro di fondi europei, il palazzo Maria Luigia è il cuore dell'infrastruttura tecnologica di queste valli, ma anche un incubatore d'imprese e un luogo d'incontro fisico, con teatro, biblioteca, a breve un museo archeologico. il paese, fino a pochi anni fa agonizzante, è diventato un esempio virtuoso, possibile modello per altre "aree rurali remotizzate", come dicono i geografi. Ora Bardi non ha affatto l'aspetto di un paese in declino, lungo la via principale lastricata in pietra ci sono negozi per la vita di tutti giorni, dal ferramenta all'abbigliamento, e non solo le gastronomie patinate
per i turisti della domenica.
Silvia sul trattore durante il servizio fotografico a Grezzo

«La sfida non è ancora vinta, ma i primi risultati si vedono». A dirlo è Andrea Pontremoli, uno strano tipo di sognatore con i piedi per terra, anima e motore dell'arrivo della banda larga in queste splendide valli. Cinquantatré anni, una moglie e cinque figlie, Pontremoli è nato e cresciuto a Bardi, dove suo papà faceva il mugnaio.
DATO CHE FRA QUEI BRICCHI LA TV non si vedeva bene, a 18 anni costruì un ripetitore, lo attaccò a una pianta in cima a una collina e guadagnò i soldi per comprarsi la moto installando antenne sui tetti dei bardigiani che volevano sfruttare il "suo" segnale.
Premonizioni. Entrato in Ibm Italia nel 1980 come semplice tecnico di manutenzione, nel 2004 ne è diventato amministratore delegato e presidente. Da tre anni è amministratore delegato della Dallara, una piramide capovolta dove lavorano 50 operai e 150 ingegneri che da Varano, all'imbocco della Val Ceno, ha monopolizzato il settore delle auto da corsa. Dall'officina due piani sotto il suo ufficio escono tutte (tutte!) le auto che corrono la mitica 500 Miglia di Indianapolis. Il che ha dato vita a un illuminante scambio tra Pontremoli e il patron Gian Paolo Dallara: «Abbiamo vinto Indianapolis!»; «sì, però siamo anche arrivati ultimi ... ». Salendo le scale ci si aspetta un supertecnologo con la scrivania coperta di flow chart, invece l'ex numero uno di Ibm Italia squaderna un tomo di mappe catastali di epoca romana, minuziosamente ridisegnate. Poi ti racconta dell'uva termarina, vitigno autoctono recuperato dall'oblio. Sembra che non c'entri nulla con la banda larga, invece è la chiave di tutto. Portare il Web tra le montagne costa, e ha senso farlo se esiste un progetto condiviso, derivato da una profonda conoscenza del territorio, della sua storia, delle sue unicità. Per dirla con Pontremoli: «Non bastano martello e scalpello per fare la Pietà di Michelangelo». Ecco l'idea che ha fatto partire il progetto: «Chi lavora con la testa cerca la qualità della vita più del guadagno.

Quassù la qualità della vita c'è, ma nessuno portava la banda larga, necessaria a collegare cervelli e attività, perché costava troppo. Allora ce l'ho portata io».
A FARE SCOCCARE LA SCINTILLA, racconta, tre anziane maestre di scuola che un giorno del 2000 lo incontrano al bar del paese e lo apostrofano: «Tu che conosci le tecnologie e il valore di vivere qui, possibile che non trovi il modo di evitare che Bardi muoia?». Da quel momento il Centro studi Val Ceno, di cui Pontremoli è presidente, diventa l'officina della rivoluzione digitale, propugnata da un gruppo di volontari che si ritrova ogni sabato. lbm dà una grossa mano nel disegno della rete, Cisco fornisce molti degli apparati tecnologici. Appena qualche mese dopo la discussione al bar, il ponte radio manda il primo segnale. L’avventura dei web-pionieri appenninici comincia a suscitare interesse. Scendono in campo la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Parma, la Comunità montana, che investono 900mila euro per le infrastrutture di rete, con una successiva iniezione di circa 120mila euro. Dell'operazione si incarica la grande multiutility Enìa, oggi Iren e tuttora proprietaria della rete. Inglobare la Val Taro e la Val Ceno nel Web veloce è costato dunque poco più di un milione di euro, vale a dire 50 euro per abitante. Altri fondi sono arrivati dal ministero dell'Ambiente, per iniziativa dell'eterno direttore generale Corrado Clini.
«Sperimentate», è stato l'input ministeriale, «se il modello funziona lo esportiamo». Investimenti sostanziosi. E i ricavi?
Li andiamo a conoscere di persona scattando tra i tornanti con Pontremoli (guida lui... ). Grazie alla banda larga, a Bardi e dintorni sono nate quattro aziende tecnologiche che occupano più di 40 persone, e la scossa del Web ha generato una decina di nuove attività tra agriturismi, ristoranti, centri benessere, «aziende specializzate in qualità della vita» le definisce Pontremoli.
La maggior parte è stata aperta da gente venuta da fuori, con doppio benefico effetto: aumento di popolazione e maggiori opportunità di lavoro per i residenti. Anzi triplo, perché nella sua attività informale di reclutamento di nuovi bardigiani, Pontremoli predilige «chi lavora con la testa, vuole utilizzare il Web e ha almeno due bambini».
FIGLI ALLA PATRIA, o riscossa del proletariato se preferite. «Quando è nata una delle mie bambine le sue coetanee erano soltanto due, oggi ha otto anni e 12 compagne di classe». La scuola è un pilastro di questa esperienza, perché un lavoro tecnologico lo si può anche inventare in cima agli irti colli, l'istruzione dei ragazzi no. Così, con il primo vagito del ponte radio è nato il progetto Scuola@Bardi, un caso unico in Italia. In paese l'offerta si ferma alla scuola media e per le superiori bisogna spostarsi a Bedonia (professionale, 24 chilometri), Borgotaro (tecnico commerciale, 30 chilometri) o Fornovo (liceo, 38 chilometri).
Sono distanze impegnative sulle strade di montagna, e quando nevica forte la corriera si arrende alla salita del Passo Santa Donna, 912 metri sul livello del mare. Così, grazie alla connessione a 3 Mbps, a qualche webcam, a Skype e alla piattaforma di e-Iearning Studio online, i ragazzi seguono da una classe delle medie di Bardi gli insegnamenti comuni ai tre istituti superiori: italiano, storia, inglese, matematica ed educazione fisica.
Tre giorni alla settimana, invece di montare dalle richieste. Con sette dipendenti, divisulla corriera, si siedono a un banco dotato si a metà tra bardigiani vecchi e nuovi, dal di pc, con un monitor più grande in fondo all'aula e lavagna interattiva Smart Board.
Del servizio godono in media una ventina di studenti l’anno tra prima e seconda superiore, seguiti sul posto da tre insegnanti di ruolo assegnati dal ministero della Pubblica Istruzione, partner del progetto insieme a Provincia, Comune e Comunità montana.
In dieci anni i ragazzi che hanno beneficiato dell’e-learning sono stati un centinaio.
«Per tante famiglie è stato un incentivo in più a restare, e così le scuole "fisiche" delle due valli hanno scampato tagli più drastici», spiega Gianluca Oppirnitti, tutor tecnologico di Scuola@Bardi dal primo giorno di sperimentazione. Oppimitti ha 31 anni e abita a Bavosa di Pessola, un posto sperduto che indica vagamente col dito dal muraglione della Rocca. Fa un mestiere che certamente avrebbe dovuto svolgere altrove se le onde del Web non avessero varcato le montagne a lui care. Suo padre era cantoniere e aggiustava le strade comunali, lui è un sistemista e aggiusta le autostrade informatiche.
Lavora per Comunica, raggruppamento di imprese che gestisce la rete e installa la connessione nelle case e nelle aziende. Come il medico condotto di una volta, conosce tutti e sa molti piccoli segreti. Racconta per esempio che in quelle valli prendono casa molti olandesi, compreso uno che di lavoro «seleziona medici per gli ospedali svizzeri».
Alcuni si sono comprati a poco prezzo una casa per le vacanze, ma grazie alla banda larga possono lavorare e prolungare il soggiorno.
Alla Archivistcoop, l'azienda installata nella minuscola frazione di Grezzo, ci accoglie Davide Galli, 38 anni, che da sei ha lasciato Piacenza insieme alla moglie Silvia e a due bimbi piccoli. Grande passione per l'escursionismo appenninico (il top è la traversata con tuffo finale nel Mar Ligure), curriculum da pubblicitario vocato al Web, agli albori di Internet si inventò con altri soci una radio via modem per ogni singolo punto vendita Coop, con tanto di lazzi personalizzati per la cassiera tale o il macellaio tizio.
Silvia sul trattore durante il servizio fotografico a Grezzo

«Era una prima forma di social network», rivendica Galli, la cui potenza si intuì quando all'ipermercato Torri di Parma la webradio lanciò la promozione "mille angurie a mille lire" e la logistica Coop collassò travolta dalle richieste. Con sette dipendenti, divisi a metà tra bardigiani vecchi e nuovi, dal cocuzzolo di Grezzo la
Archivistcoop riceve via internet tutto il materiale promozionale realizzato da decine di agenzie sparse per l’Italia, lo esamina, lo uniforma, lo archivia. E impartisce a ogni punto vendita, da Udine a Ragusa, precise istruzioni su come utilizzarlo.
Nella vecchia canonica sta prendendo forma un'altra idea, regalamiltuosogno.it, un nuovo portale dei 18mila bed and breakfast italiani. Certo che c'è l'aria buona e un bel panorama, ma qual è il bilancio economico del trasloco a Bardi? «Qui la vita costa un po' di più, ma viviamo e lavoriamo in 300 metri quadri pagando un affitto di appena 400 euro al mese», spiega Galli. «Ho appena comprato una villetta con un ettaro di terreno e bosco per 115mila euro».

PER CONOSCERE LE ALTRE AZIENDE di questo piccolo miracolo silvestre bisogna ridiscendere ai 625 metri del centro di Bardi e fermarsi davanti al palazzo di Maria Luigia.
Non immaginatevi stucchi e affreschi, quello che colpisce sono i muri massicci che hanno vinto i secoli. Oggi sostengono la piccola antenna che irradia il segnale del Web in tutta la valle e sopra una finestra spuntano i tipici cornini bianchi di un ripetitore wireless.
Il palazzo è, tra l'altro, un incubatore dove le startup trovano, a condizioni molto favorevoli, uffici e servizi tecnologici. La prima ad approfittarne è stata BardiServizi.com, nata nel 2001, cooperativa specializzata in call center creata da Fabrizio Costa, oggi quarantatreenne, «bardigiano del sasso», come dire doc. La cooperativa fattura circa 300mila euro all'anno e dà lavoro a una quindicina di persone, soprattutto donne che «difficilmente avrebbero avuto la possibilità di lavoro in paese», assicura Costa.
Al piano superiore c’è l’ufficio di Di Bardi srl, che tra l’altro ha l’esclusiva del marchio Telit, nome storico della telefonia italiana.
Nella dimora di Maria Luigia ha sede la Harimann srl, nome che non deriva da un ingegnere bavarese in pensione, ma dagli Arimanni, "liberi guerrieri longobardi" arrivati in Val Ceno nel VII secolo d.C. In questo continuo gioco di specchi tra suggestioni del passato e del futuro, la Harimann, fondata nel 2003, è il pilastro dell'innovazione bardigiana. Partecipa al raggruppamento Comunica, quello che gestisce la rete e le connessioni, e sviluppa il Progetto Orchidea (altro link nascosto: su queste montagne se ne conta una cinquantina di specie diverse), l'altra gamba necessaria a spingere il balzo oltre il digital divide.
«Non basta portare antenne e cavi, bisogna colmare la carenza culturale», chiarisce Emanuele Sammut, uno di quelli che stava al bar con Pontremoli quando le tre maestre innescarono la scintilla, poi animatore dell'ormai decennale Bardi Web Awards e senior partner di Harimann.
La sfida non è vinta, è un mantra di Pontremoli, questi risultati si sono ottenuti grazie all'impegno gratuito di tanti volontari e con l'aiuto di grandi aziende, ma è un modello sostenibile nel tempo?
«È uno sforzo di sistema, non basta che vincano i singoli, eppure molti ancora non ci credono, sono rassegnati al declino. La Dallara ha un know-how unico al mondo, ma non ce la farebbe se non fosse inserita in una "Motor Valley" con Ferrari, Maserati e Ducati. Ci siamo messi tutti insieme intorno al tavolo per salvare alcuni fornitori locali colpiti dalIa crisi, non dobbiamo competere fra noi, dobbiamo competere con il mondo». Se l'intuizione di Andrea Pontremoli avrà successo Bardi, ma anche l'Italia, sarà un paese migliore.

MARIO PORTANOVA (mportanova@wired.it),
dopo i narcoblogger (Wired n. 23), si è arrampicato sulla rocca di Bardi.